L’abbandono
Una modernità violenta
Il mulino con la sua macchina a vapore lavorò ancora per i primi decenni del Novecento.
L’ingegnere Falcon era morto nel 1868, senza vedere tutti gli effetti di quella modernità che anche lui aveva iniettato in quell’antica piccola aristocratica città del sud Italia.
Proprio il bisogno di ammodernare la città spinse infatti l’amministrazione ad abbattere una parte delle antiche mura ed a chiudere e colmare una parte del vallone, senza valutare il valore che quel luogo aveva avuto per l’intera cultura europea.
Sorrento si trasformò velocemente: abbatté le mura, allargò le strade, si proiettò verso la modernità del commercio, della luce, dei trasporti…
Con la copertura della piazza Tasso il vallone di Sorrento divenne praticamente inaccessibile.
Nella vicina Amalfi invece ancora ai primi del Novecento la «Valle dei Molini» era un’attrazione: era una «passeggiata deliziosa di 1 ora» ed era ancora «soggetto di studio per gli artisti pittori»: un ruscello metteva in movimento varie cartiere che i turisti potevano visitare lasciando una mancia [Pellerano 1904, p. 264].
L’ingresso a Sorrento prima e dopo l’ampliamento del ponte sul vallone



[Archivio privato Mathieu, per gentile concessione]
Nel 1927 il Ministero della pubblica istruzione riconobbe il valore paesaggistico del Vallone dei mulini, ai sensi della legge voluta dal ministro Benedetto Croce nel 1922 a tutela del paesaggio nazionale. L’atto fu firmato da Luigi Parpagliolo, un avvocato naturalista, che diede contributi fondamentali alla tutela del paesaggio italiano lungo tutta la prima metà del Novecento.
Nel 1899, e successivamente nel 1912, la Giunta del Comune di Sorrento propone di utilizzare il Vallone per scaricare i detriti prodotti dai numerosi lavori edilizi.
«che evvi urgente bisogno di determinare un punto ove possansi depositare i rifiuti delle Fabbriche, come detriti, terreno, rottami ed altro, stantoché molti proprietari si astengono dall’iniziare nuove opere appunto per la difficoltà che incontrano nel disfarsi de’ materiali inservibili. Tale inconveniente produce serii danni non solo agli operai che non trovano lavoro, ma anche il commercio locale ne risente positivamente, per cui egli (il Presidente) è di opinione di ripigliare le pratiche per la redazione di un progetto di colmamento del vallone, sito molto adatto, che risponde perfettamente al lamentato bisogno, non essendovi alcuna località per eseguire di quanto sopra.»
Nel 1913, le operazioni di scarico sono così massicce e violente che il Consiglio Comunale di Sorrento decide di fermare le operazioni di riempimento del Vallone, anche perché «visitato da numerosi forestieri».
Nel 1924, il Comune acquistò dagli eredi dell’ingegnere Falcon due zone di terreno nel Vallone, nel tratto di Parsano, «per uso di uso di pubblico scaricatoio».
L’anno dopo, nel 1925, l’avvocato Lelio Cappiello, socialista, sindaco di Sorrento, evitò la perdita del Vallone, opponendosi a una colmata ancora più vasta, che avrebbe – a suo dire – guastato «il punto panoramico più bello di Sorrento» (seduta del Consiglio Comunale del 13 agosto 1925, n.80).
[DI LEVA 1987, pp. 61-63]